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Gli avvisi di giacenza delle raccomandate postali PDF Stampa E-mail
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la Cassazione che è tornata ad occuparsi di rituale convocazione del condomino con la sentenza n. 1188 del 21 gennaio 2014.

la Corte d’appello, accogliendo l’appello del condomino aveva ritenuto invalida la delibera perché l’avviso di convocazione era giunto al destinatario in ritardo: il tutto ruotava attorno alla data da prendere in considerazione per considerare “legalmente conosciuto” l’avviso di convocazione.
Con la locuzione “conoscenza legale” s’intende fare riferimento al momento in cui l’atto è giunto presso il domicilio del destinatario (o comunque la residenza un altro indirizzo indicato). Si chiama presunzione di conoscenza degli atti recettizi e la stabilisce l’art. 1335 c.c.

Se si tratta di raccomandate che non sono state consegnate per assenza del destinatario, la presunzione di conoscenza opera dal momento dell’immissione, da parte del postino, dell’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale.

La Cassazione ha ritenuto sbagliata questa presa di posizione ribadendo quanto già detto in altre circostanze, ossia che “le lettere raccomandate si presumono conosciute, nel caso di mancata consegna per assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, dal momento del rilascio del relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale (Cass. 24 aprile 2003 n. 6527; Cass. 1 aprile 1997 n. 2847)” (Cass. n. 1188/2014). 

 
I balconi aggettanti (sporgenti) sono di proprietà esclusiva PDF Stampa E-mail
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Ritiene il collegio, in conformità con la giurisprudenza di questa corte, ormai costante sul punto (v. tra le ultime sentt. 14576/04) che l'art. 1125 c.c. non possa trovare applicazione nel caso dei balconi "aggettanti", i quali sporgendo dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono; e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell'edificio (come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio), non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani; ma rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. Ne consegue che il proprietario dell’appartamento sito al piano inferiore, non può agganciare le tende alla soletta del balcone "aggettante" sovrastante, se non con il consenso del proprietario dell'appartamento sovrastante.
( Cass., sez. II, sentenza del 17/07/2007, n. 15913 )
 
I parcheggi in condominio PDF Stampa E-mail
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Secondo il dettato legislativo ciascuno può utilizzare il bene comune
secondo le proprie esigenze,
ma con il duplice obbligo di rispettare il diritto al pari uso da
parte degli altri condomini
e di non mutarne la destinazione. 

 

Parcheggi condominiali
La legge n. 220/2012 di riforma del
condominio,  al fine inquadrare le
modificazioni delle destinazioni
d’uso in un ambito legislativo,
con l’art. 1117ter ha introdotto una 
norma specifica che limita gli interventi
alla necessità di soddisfare esigenze di
interesse condominiale, ma nel rispetto
di determinati atti propedeutici, quali
l’approvazione di una delibera 
assembleare, adottata con una
maggioranza più che rilevante e pari
ai quattro quinti sia dei partecipanti
al condominio, sia dei millesimi di proprietà.
 
Stante l’importanza dell’opera, inoltre, l’avviso di convocazione
dell’assemblea deve rimanere affisso, per non meno di trenta giorni consecutivi,
in uno spazio condominiale ove lo stesso sia più facilmente visibile e deve essere,
comunque, trasmesso ai condomini tramite lettera raccomandata o mezzi equipollenti
e ricevuto almeno venti giorni prima dell’assemblea.
 
A pena di nullità l’avviso deve indicare le parti comuni oggetto di modificazione e la
nuovadestinazione impressa, che non è immune dal rispetto della stabilità o sicurezza
del fabbricato e del decoro architettonico. di proprietà.
 
Stante l’importanza dell’opera, inoltre, l’avviso di convocazione dell’assemblea deve .
rimanere affisso, per non meno di trenta giorni consecutivi, in uno spazio condominiale
ove lo stesso sia più facilmente visibile e deve essere, comunque, trasmesso ai condomini
tramite lettera raccomandata o mezzi equipollenti e ricevuto almeno venti giorni prima
dell’assemblea.
 
A pena di nullità l’avviso deve indicare le parti comuni oggetto di modificazione e la nuova
destinazione impressa, che non è immune dal rispetto della stabilità o sicurezza del
fabbricato e del decoro architettonico.
 
La ratio ispiratrice della norma è palese: evitare che un’esigua maggioranza o addirittura
un solo condomino pongano ostacoli ad un percorso necessario ed utile alla collettività,
considerato che nel passato per alcuni tipi di interventi modificativi si parlava di unanimità
di consensi.
 
Non di rado si verifica la circostanza che veicoli e motocicli siano abbandonati dai legittimi
proprietari, che scambiano il garage condominiale per un deposito.
 
Può capitare sia per le autovetture non utilizzate per anni e che assumono l’aspetto di beni
da rottamare, occupando in modo permanente un posto altrimenti fruibile, sia per i vecchi
motorini lasciati in un angolo del locale comune. Talvolta, ma neppure tanto raramente,
accade che il legittimo proprietario abbia anche venduto l’appartamento senza
preoccuparsi di liberare il garage del proprio rifiuto.
 
La più recente giurisprudenza penale, ha affermato che “in tema di gestione dei rifiuti,
deve essere considerato “fuori uso” in base alla disciplina di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 209
del 2003, sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, 
sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privo delle targhe di immatricolazione,
anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che risulti
in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata”.
 
Dalla decisione, che ha equiparato la giacenza di un’auto in un’area pubblica a quella in
un’area privata che, nel nostro caso, può essere tanto il cortile condominiale quanto il
garage comune, emerge che un’auto può definirsi rifiuto sia quando il proprietario con
il suo comportamento protratto dimostri di non volersene più servire,
sia nel caso - ancora più evidente - in cui il veicolo non sia più in grado di circolare.
 
Al verificarsi di tale situazione, quindi, il proprietario non può - senza correre il rischio
di essere sottoposto alle relative sanzioni - abbandonare in un’area condominiale
il proprio veicolo lasciandolo al proprio destino e determinando una lesione degli
altrui diritti.

La Corte di Cassazione (sent. 16 gennaio 2014, n. 820) ha affermato che l’assemblea
non può deliberare di rimuovere il mezzo con l’intervento del carro attrezzi ponendo le
spese a carico del proprietario dell’autovettura.
 
Questo neppure qualora sia stato modificato il regolamento del condominio,
introducendouna norma in tal senso e che superi l’art. 70 delle disposizioni di attuazione
del codice del condominio che sanziona, in via pecuniaria, i comportamenti che violano
il regolamento stesso.
 
Ha osservato, infatti, la Corte che la norma prevede solo sanzioni pecuniarie
(ora elevate fino ad € 200 e in caso di recidiva fino ad € 800),
talché non sarebbe consentito introdurre sanzioni diversamente afflittive che si
tradurrebbero nel consentire, in ambito condominiale, un diritto di autotutela.
 
Ovviamente ed a maggior ragione un singolo condomino non potrà mai determinarsi
unilateralmente a procedere alla rimozione, tramite società specializzata, alla rimozione
dell’automezzo (Cass. 09 febbraio 2011, n. 3180).

L’amministratore dovrà invitare l’interessato a rimuovere spontaneamente l’autoveicolo
abbandonato in sosta ovvero non concretamente utilizzabile ed applicare, quindi,
le sanzioni previste dall’art. 70 citato. Nel caso di comportamento perseverante,
sempre tenendo conto delle preclusioni di legge e sussistendone le condizioni,
si potrà ricorrere al Giudice per chiedere un provvedimento di urgenza ai sensi
dell’art. 700 c.p.c., ovvero un provvedimento cautelare ai sensi dell’art.1168 c.c.
 
Attenzione a non parcheggiare l’auto in “modo selvaggio”, ci possono essere
responsabilità penali a carico dei condomini che, indifferenti ai richiami dell’amministratore,
continuino a parcheggiare le proprie auto o fuori dalle zone delimitate, oppure occupando
ripetutamente le aree di manovra od ancora bloccando altri veicoli.
 
L'art. 610 c.p. punisce, con la reclusione fino a quattro anni, colui che
“con violenza o minaccia costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa”.
 
Ciò è quanto affermato dalle Sezioni Unite Penali della Cassazione che, con recente
decisione, confermativa di altri precedenti, ha ritenuto che
 
“ integra il reato di violenza privata, di cui all’art.610 c.p., la condotta di colui che,
avendo parcheggiato l’auto in maniera da ostruire l’ingresso al garage condominiale,
si rifiuti di rimuoverla nonostante la richiesta della persona offesa”.
 
Là dove il requisito della violenza o, in alternativa, della minaccia,
che potrebbe sembrare discutibile se rapportato alla fattispecie in esame, è stato
identificato dai giudici supremi in un qualsiasi mezzo idoneo a privare in modo coattivo
il soggetto offeso della libertà di azione.
(Cass. Sez. Un. 12 marzo 2013, n. 28487. Conf. Cass nn. 603/2011 e 21779/2006).
 
 
 
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