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LA COMUNIONE DI UNA VIA PRIVATA, COSTITUITA EX COLLATIONE AGRORUM PRIVATORUM
 

Sentenza Cassazione Civile n. 11466 del 30/04/2021

 

 Il diritto reale di uso della strada privata formata mediante collatione agrorum privatorum secondo la Corte d’Appello si estenderebbe alla totalità della medesima. Nella specie la perizia espletata nel corso del procedimento di primo grado aveva chiarito come la porzione di terreno che secondo la prospettazione attorea avrebbe dovuto ospitare il tracciato della strada privata fosse posizionato quasi esclusivamente all’interno del mappale (OMISSIS) per circa metri quadri 240, insistendo sul sedime del mappale (OMISSIS) per soli 40 metri quadri, in un brevissimo tratto centrale del medesimo percorso. 

 Deve comunque ribadirsi che: “L’accertamento della comunione di una via privata, costituita ex collatione agrorum privatorum, non è soggetto al rigoroso regime probatorio della rivendicazione, potendo tale comunione, al pari di ogni “communio incidens”, dimostrarsi con prove testimoniali e presuntive, comprovanti l’uso prolungato e pacifico della strada da parte dei frontisti e la rispondenza della stessa alle comuni esigenze di comunicazione in relazione alla natura dei luoghi, con la conseguente necessità di una valutazione complessiva degli elementi, anche indiziari, addotti, al fine di stabilire l’effettiva destinazione della via alle esigenze comuni di passaggio” (Sez. 2, Ord. n. 30723 del 2018). Secondo le statuizioni della Cassazione, la fattispecie precedentemente delineata integra una "via agraria, che si forma ex collatione privatorum agrorum".

Nell'interpretazione dei giudici della Cassazione la predetta unione di porzioni di fondi appartenenti a soggetti diversi darebbe luogo ad una comunione tra i proprietari confinanti; una comunione avente le caratteristiche della communio incidens, onde il transito attraverso di essa avverrebbe non iure servitutis, ma iure proprietatis.       

 


 
La fiscalizzazione dell'abuso -Gli effetti sul superbonus 110% e sugli altri bonus edilizi

Utilizzo del Superbonus 110% su immobili su cui i proprietari abbiano provveduto al pagamento delle sanzioni di cui all'articolo 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, alternative alla demolizione, quando questa non può avvenire senza pregiudicare la parte conforme dell'edificio.

L'argomento "sanzione alternativa" e "fiscalizzazione dell'abuso" è molto più vasto rispetto al solo articolo 34 citato all'interno dell'interrogazione e coinvolge molto più nel dettaglio i seguenti articoli del Testo Unico Edilizia:

  • Art. 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
  • Art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
  • Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato

Tre diversi articoli che prevedono la sanzione alternativa quando non si può procedere alla demolizione dell'abuso senza pregiudizio sulla parte conforme, ma con effetti non propriamente omogenei.

Con l'art. 38, infatti, è previsto espressamente (al comma 2) che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria. L'abuso diventa, quindi, effettivamente "sanato".

Nel caso, invece, di sanzione alternativa applicata agli abusi di cui agli artt. 33 e 34, la norma non prevede alcun effetto sanante con la conseguenza che l'immobile resta sempre "difforme" dal punto di vista edilizio e urbanistico, ma l'abuso è tollerato dalla pubblica amministrazione.

Nel caso di sanzione alternativa ai sensi dell'art. 38 del TUE, il pagamento della stessa produce gli effetti di una sanatoria, dunque sull'immobile si può intervenire utilizzando tranquillamente qualsiasi bonus edilizio (superbonus oppure ordinario).

Nel caso di sanzione alternativa di cui agli artt. 33 e 34 permane la problematica dell'abuso che, pur se tollerato, è sempre una violazione urbanistico-edilizia.

Per poter intervenire sull'immobile è necessario, cioè, un ripristino dello stato legittimo. 

 
Superbonus 110%: Le discordanze tra progetto e costruito: massimo 2%

 

Gli abusi edilizi non sanati non possono mai e poi mai beneficiare del Superbonus 110% (art. 49 e 50 dpr 380/2001), una minima discordanza tra progetto e costruito NON fa decadere dal Superbonus, ma solo se è entro il 2% come indicato dall'art. 34-bis del dpr 380/2001, introdotto dal DL Semplificazioni, il quale prevede che il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 % delle misure previste nel titolo abilitativo. È quindi ammessa una limitata tolleranza superata la quale si incorre nella decadenza dai benefici fiscali.

 
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